martedì 17 febbraio 2009

Il Bosco delle Fate: la storia non scritta della Verna


Nell’immaginario cattolico esistono dei luoghi intoccabili. Si tratta di veri e propri feudi della cristianità in cui solo pochi pellegrini ispirati dal Vangelo possono avventurarsi e coglierne il mistero profondo.
Guai a mettere in discussione le origini cristiane di questi santuari; guai a insinuare che detti luoghi non erano delle terre di nessuno prima che il Cristianesimo le lambisse. Guai, soprattutto, a farsi venire in mente strane idee di sacerdoti druidi e riti pagani; come minimo, vi taccerebbero di ateismo e insinuerebbero che i vostri siano pensieri di stampo satanico.
Ma noi, che magari non siamo tutti credenti, ma soprattutto, noi che siamo stufi di essere definiti tout cour adepti del demonio, ci turiamo le orecchie e andiamo avanti per la nostra strada.

…dicevo, esistono nel mondo cattolico dei santuari intoccabili.

Ebbene, La Verna è sicuramente uno di questi. I più la conoscono come il monte prediletto da Francesco; la vetta disabitata, immersa nella contemplazione e nel silenzio, su cui il santo di Assisi prese le stimmate dopo essersi ritirato in meditazione.
Diciamolo subito; a noi, che abbiamo indagato a fondo i retroscena stregoneschi della vita di Francesco, la strana storia de La Verna non ci convince del tutto. Tante domande ci vengono in mente, ma la prima e la più forte a cui sentiamo di dover dare subito una risposta è la seguente: perché Francesco scelse proprio questo luogo per compiere un rito destinato a consegnarlo alla storia della fede? Cos’aveva di così speciale il monte de La Verna tanto da essere preferito ai rilievi dell’Umbria e del Reatino, in cui invece il frate era solito sostare?

Quello che stiamo per intraprendere è un viaggio nelle fonti, ma anche nella memoria orale dei popoli che abitavano quelle lande e che più di tutti, certo più degli agiografi e degli stessi frati, ci hanno trasmesso indizi succulenti per ricostruire con precisione l’altra storia magica de La Verna.

Tutto comincia da un sospetto.

Siamo intorno al maggio del 1213. Francesco è reduce dal successo di Narni dove ha fondato una serie di eremi tra cui il misterioso santuario rupestre di Vasciano, che esamineremo in un prossimo articolo.
Cerca sostegni in giro per l’Umbria e dintorni per creare consenso intorno a sé e tornare di nuovo dal papa per farsi confermare con una Regola scritta la sua fraternitas. Giunto al castello di San Leo in Casentino in occasione dell’investitura di un nobile della famiglia Catani, Francesco spera di prendere accordi con qualche potente della zona. Un uomo, il conte Orlando di Chiusi, lo nota; sembra sia un pezzo grosso, nell’atto di donazione ufficiale de La Verna sancito tra i frati e i suoi discendenti il 9 luglio del 1274, ci viene descritto infatti come «uno dei più prodi tra i guerrieri dell’Imperatore». Colpito dal fervore della sua predica, il conte Orlando chiede all’aspirante santo di prendere possesso del monte adducendo motivi ‘serafici’.

Onde, compiuta la predica, egli trasse santo Francesco da parte e dissegli […] “Io ho in Toscana uno monte devotissimo il quale si chiama il monte della Vernia, lo quale è molto solitario e selvatico ed è troppo bene atto a chi volesse fare penitenza, in luogo rimosso dalla gente, o a chi desidera vita solitaria. S’egli ti piacesse, volentieri lo ti donerei a te e a’ tuoi compagni per salute dell’anima mia. Cfr. Fioretti, Della Prima considerazione delle sacre sante istimate, ff 1898-1899.

Francesco, naturalmente, non se lo fa ripetere due volte e accetta la proposta del conte di prendere in affitto quel cocuzzolo per i suoi ritiri spirituali. Ma il dettaglio più insolito, quello che alimenta i nostri sospetti, arriva poco dopo, quando Francesco manda al conte due suoi emissari per perlustrare il sito…

E volendo egli mostrare loro [i due frati mandati da Francesco in ricognizione, n.d.a.] il monte della Vernia, sì mandò con loro bene da cinquanta uomini armati, acciò che li difendessimo dalle fiere selvatiche.

Detta così, la giustificazione addotta dall’agiografo dei Fioretti sembra più che scontata. È comprensibile che il conte facesse scortare degli ospiti che si stavano per inoltrare nel cuore della foresta da una milizia armata; ma in realtà, i 50 uomini di questa soldatesca fanno un certo effetto se si pensa che i frati erano già abituati a percorrere da soli decine di sentieri montani abitati da fere e lupi.

I casi quindi sono due.

O La Verna all’epoca era molto più selvatica e inospitale di tutti gli altri monti visitati fino ad allora dai frati, oppure il bosco non era così solitario come vogliono farci intendere le fonti, ma nella selva si nascondevano indigeni e banditi che potevano mettere a repentaglio l’incolumità dei frati. Ma allora, perché spedire là Francesco?
Per capirlo facciamo un sopralluogo alla Verna, il primo di una lunga serie…
Il passo della Verna, che si trova in corrispondenza del monte vero e proprio, chiamato Penna, è un affastellato di rocce del Miocene ricoperte da una foresta lussureggiante fatta di querce e faggi secolari; i pellegrini che, al contrario di noi vili peccatori, scelgono di percorrere l’erta a piedi, vi arrivano attraverso due sentieri dai nomi agli antipodi, ma sorprendenti.

Il primo sentiero è noto come Bosco del Beato Giovanni, e si riferisce all’episodio che vide protagonista l’eremita Giovanni della Verna, il quale un mattino del 1518 vide la Madonna appollaiata su un faggio mentre cullava il bambin Gesù. Così quel faggio divenne sacro –lo sapevamo!–, mentre nelle adiacenze fu costruita una cappella per celebrare il lieto evento.
L’altro sentiero, che non vanta stranamente episodi rilevanti tramandati dalla tradizione francescana, è chiamato –e so quanto sia difficile crederci– il Bosco delle Fate . Lo costellano alberi imponenti che troneggiano coi loro tronchi, testimoni di un passato che forse alla fine delle nostre ricerche riusciremo in parte a svelare.

Ma torniamo alla domanda di partenza: è mai possibile che non si riesca a capire perché Francesco –mettendo da parte l’amenità del paesaggio– amasse così tanto La Verna?

Di primo acchito, dare una risposta a questa domanda appare sempre più difficile; malgrado quello de La Verna sia un capitolo cruciale nell’esperienza umana di Francesco, al santuario sono dedicate nelle fonti appena una decina di pagine, anche a causa della distruzione delle agiografie francescane voluta dal Concilio di Pisa del 1263, che decretò la sparizione e l’insabbiamento di tutte le Vitae di Francesco diverse dalla Legenda Maior di Bonaventura , compresi quindi i racconti conservati negli eremi. I nostri dubbi, quindi, sembrano destinati a rimanere insoluti, quando ci viene incontro un libro...

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